Vedo il tempo che scorre

Uscir di casa per due passi e finir col fare venti chilometri in mezzo alla natura. 

Trovo che questa sia una delle opportunità più preziose che il Paese in cui vivo offre. La bellezza di levarsi di dosso il grigiore dell’urbanità per immergersi direttamente negli ambienti più selvatici di colline e montagne, semplicemente chiudendosi alle spalle la porta di casa. Senza toccare nemmeno l’auto, guidati solo dalle immancabili frecce gialle che, appostate ai bivi di borghi, cime, sentieri e mulattiere, accompagnano verso mete a volte note, altre inattese. Sempre comunque emozionanti.

Oggi, dopo tanto tempo, ho riassaporato le sensazioni provate durante le escursioni dei mesi “oscuri”, tra marzo e giugno, quando la “dissipatio humani generis” di Morselli sembrava realtà. Partendo da Maroggia, son risalita verso Rovio, percorrendo sentieri talvolta scomodi e impervi per via di pesanti sassi malmessi e tronchi spezzati a ostacolare il cammino. Eppure anche questi apparenti dispetti che il bosco sembra voler fare al viandante di turno hanno, al contrario, accentuato il piacere dell’avventura in un territorio non battuto dai turisti. Per fortuna! 

Appena un timido sole ottobrino a intiepidire la risalita, sufficiente tuttavia a incoraggiare un ritmo incalzante. Così, facendomi largo tra i tentacoli di una vegetazione incredibilmente esuberante, mi son portata fino all’Alpe Bogo, una piana di verde evidentemente già apprezzata dalle mucche, anch’esse ora sparite. 

Nessuno, proprio nessuno attorno. Solo le voci del bosco, o meglio dei suoi invisibili abitanti. Tracce di ungolati nel terreno umido di vita hanno rivelato il passaggio di creature che, forse, se ne stavano a pochi metri a spiare l’umana presenza. 

Dall’Alpe una freccia gialla indica un sentiero per il monte Sant’Agata, a 940 metri d’altezza, dalla cui vetta, raggiungibile in meno di un’oretta, si può gustare una vista da cartolina del Ceresio. Il lago è verde, da settimane ormai. Quasi non si distingue il confine tra le pendici delle colline e la costa, tanto sono verdeggianti le acque fiorite di alghe invadenti. Anche questo è spettacolo.

Lasciato il cuore del bosco sono entrata nel cuore del vecchio borgo di Rovio. Silenzio. Odore di camino, di buono. Porte chiuse e persiane appena scostate, colori pastello delle abitazioni più recenti, fianco a fianco con i rustici densi di memorie ancora vive. 

Sto proprio pensando a com’era dura eppure bella la vita in questi luoghi nemmeno troppi anni fa, quando incrocio la prima persona da quando son partita. Io scendo, lui sale. Vedo il tempo che scorre. È un “vecchio”, uso le virgolette perché i suoi anni appaiono lievi sotto i suoi passi lenti ma certi, ponderati: “Io vado in su perché scendere per me è peggio … i ginöcc! Sempre avanti, perchè chi si ferma è perduto …!

Ha detto tutto. Son sicura che quel vecchio dal sorriso di ragazzo avrebbe potuto raccontare storie da cucire in un romanzo. E mentre lui risale la sua strada con le ginocchia cariche di esperienze, io ridiscendo verso la mia casa, carica di emozioni… Come sempre.