Budapest, la bella Dama dalle mille anime

È conosciuta come la città dei ponti, dei tram e delle barche. La sua atmosfera romantica, seppur intrisa di poetica malinconia, non deve trarre in inganno. Perché dietro le facciate dei solenni edifici, molti dei quali decadenti testimoni di un sofferto passato, si cela un’anima straordinariamente effervescente. Sì, perché Budapest, nonostante le ferite impossibili da cancellare, è una città giovane e dinamica, che trabocca d’arte in ogni strada e piazza. Sono proprio loro, i giovani, a far pulsare le sue vene, proiettandola in un futuro che è già sbocciato.

Un esempio di questa chiara volontà di “reinventarsi” è dato dai numerosissimi “pub in rovina” (romkocsmain ungherese), ovvero locali ospitati in edifici abbandonati, la maggior parte in seguito all’occupazione nazista degli anni 1944-45. Molti di questi si trovano nel quartiere ebraico, nel XII Distretto, ma sono sparsi un po’ ovunque e quello che ho potuto visitare è davvero sorprendente. È uno dei primi ad essere nato, il Szimpla Kert, nel VII Distretto. È un ambiente magico, distribuito su più piani collegati da piccole scale che s’insinuano come serpentelli dall’interno all’esterno, tra piante lussureggianti e fiori, tavolini in legno, pareti sgargianti e luci psichedeliche. Qua e là banconi dove servono cocktails, birra e piatti ungheresi, conditi da tanta musica e dal vociare dei numerosissimi giovani che lo frequentano. Divertimento e vita notturna ma anche concerti, esposizioni d’arte e manifestazioni culturali, tutti ingredienti che hanno trasformato il declino della città in rinascita. 

Il microcosmo di questo locale mi è parso un po’ lo specchio del macrocosmo di Budapest, dove – dopo l’ungherese – le lingue più diffuse sono l’inglese e l’italiano, con al seguito tutte le altre, da quelle dell’Est Europa a quelle orientali. Anche il turista si sente subito a casa qui, mimetizzandosi con gli abitanti, almeno così mi sono sentita io sin dalla prima visita. Ho avuto l’impressione che i famosi ponti di questa città (híd in ungherese) avessero anche un significato simbolico, ovvero quello di unire non solo Buda e Pest ma anche popoli diversi e lontani.

Quasi tutti i ponti furono bombardati dai nazisti ma sono stati ricostruiti fedelmente alla struttura originaria, così possiamo ammirarne l’autentica bellezza. Il più antico, e anche il più conosciuto, è il Ponte delle Catene, che prende il nome dalle catene in ferro battuto che lo sostengono ai lati. È davvero imponente con i suoi quasi 400 metri di lunghezza e 16 di larghezza e due coppie di leoni in pietra danno il benvenuto all’ingresso, sia ai mezzi di trasporto sia ai pedoni. I ponti di Budapest hanno, infatti, corsie separate e protette per pedoni e ciclisti, visto che rappresentano l’unico modo (barche a parte) per raggiungere Buda da Pest e viceversa. 

Anche il Ponte Elisabetta cattura inevitabilmente lo sguardo, oltretutto è il più alto. Dedicato alla Principessa Sissi, è una struttura moderna di color bianco, l’unico a non essere stato ricostruito come era in origine. In effetti, è forse il meno attraente ma comunque frequentatissimo, perché collega Pest alla collina Gellèrt. 

Ma il mio preferito è il Ponte della Libertà, in stile art nouveau, considerato tra i più belli al mondo. Spicca per il colore verde della struttura in ferro, per lo stemma reale ungherese con la Santa Croce e per i due ingressi dove due torri ospitano i Turul, uccelli mitologici simili a giganteschi falchi dalle ampie ali. In realtà in molti punti della città si possono incontrare i Turul, perché rappresentano l’analogo della lupa latina e, secondo le leggende magiare, sono messaggeri divini. Il Ponte della Libertà collega il Mercato centrale (Központi Vásárcsarnok) in stile neogotico di Pest con il Danubius Hotel Gellèrt di Buda. 

Gli altri ponti della città sono il Ponte Árpád e Margherita (anch’esso esteticamente molto suggestivo), che si congiungono all’Isola Margherita, assolutamente da visitare per le tante attrazioni ospitate in una natura rigogliosa; il Ponte Petõfi e il più recente Rákóczi, innalzato negli anni ’90 per soddisfare le esigenze di una città in costante espansione.

I tram sono un altro simbolo di Budapest, visto che sono attive più di 40 linee tramviarie. E devo dire che, dopo le proprie gambe, sono il mezzo ideale per apprezzare la bellezza della città, con la giusta lentezza. I tram gialli fanno praticamente parte del paesaggio e scorrono in tutti i Distretti. Da sottolineare che la Linea 2 è considerata dalla rivista National Geographic la più bella d’Europa e tra le più belle del mondo. Costeggia il Danubio, offrendo allo sguardo da un lato il Parlamento e dall’altro il Castello di Buda, entrambi Patrimonio mondiale dell’Unesco. Oltre ai tram gialli è facile imbattersi in un delizioso tram storico, un convoglio d’epoca che attraversa quasi tutta Pest, il quale non vuole essere un’attrazione turistica ma soddisfa gli spostamenti quotidiani degli abitanti.

Se i tram sono il mezzo d’eccellenza sulla terraferma, le grandi barche da crociera lo sono sul Danubio. Immense, a più piani, tanto lunghe da fare impressione quando si muovono numerose. Sono una grande attrattiva per tour fluviali a lungo raggio, visto che il Danubio scorre per circa 3000 chilometri, dalla Baviera al Mar Nero, toccando città splendide, come Vienna e Linz, Bratislava e Vidin. Ma è anche possibile scegliere minicrociere di poche ore (hop-on-hop-off) che attraccano in vari punti delle due sponde, o optare per crociere dedicate alla degustazione di vini ungheresi, davvero ottimi. Soprattutto di notte, quando Budapest si veste d’oro e brillanti, le barche aggiungono un tocco fluttuante alla città, che diventa ancora più regale, specchio immortale del glorioso Impero austro-ungarico.

Dalla solennità del passato alla creatività del presente. Camminando sul lungofiume di Pest, lasciandosi alle spalle il Mercato e l’Università, si approda a un quartiere “inventato” di recente dal nome curioso: Bálna, ovvero Balena. Proprio dove la città sembrerebbe finire, ecco che ci si immette in una zona allegra e colorata, fitta di caffetterie, ristorantini, chaise lounge per prendere il sole o sorseggiare cocktail, tutto circondato dal verde. Una pista ciclabile e una pedonabile accontentano i numerosissimi amanti di bike, skate e roller, ma la Balena non è solo sport e relax, è anche cultura. L’architetto olandese Kas Oosterhuis ha inaugurato questo bizzarro edificio nel 2013, recuperando un vecchio mercato in disuso, trasformandolo in una struttura a forma di balena. Il corpo è composto da conchiglie triangolari in vetro e metallo, che raccolgono tutta la luce del sole rimbalzandola in mille sfumature. Infonde una sensazione di solidità e plasticità al tempo stesso, di imponenza e leggerezza. Dalla testa alla coda, l’interno ospita negozi, bar, ristoranti e ampi spazi per mostre d’arte, concerti ed espressioni culturali. Una bella idea di paesaggio urbano e fluviale che, ancora una volta, ha saputo trasformare il decadimento in attrazione.

Senz’altro la prossima volta che tornerò a Budapest scoprirò qualcosa di nuovo. Di sicuro mi metterò alla ricerca di un’altra opera d’arte di Kolodko, artista della Transcarpazia che si è divertito a creare mini-statue progettate sin dall’inizio pensando alla loro collocazione. Le ha praticamente mimetizzate qua e là tra i monumenti, gli edifici e i ponti della città, un invito a una caccia al tesoro in cui il premio consiste nella soddisfazione di avere un occhio attento, capace di catturare anche le più piccole bellezze. 

Budapest è proprio così: una bella Dama da scoprire piano piano, perché, oltre al suo indiscutibile fascino esteriore, nasconde tanti volti, o meglio, tante anime, ognuna delle quali ha una storia da raccontare. Per chi sa vedere, per chi sa ascoltare.