Un figlio torna a casa dopo una lunga assenza. La nonna fruga tra vecchie fotografie, molte in bianco e nero, ma quali impensabili colori saltano fuori da quei ricordi. Una giovane e bellissima ragazza dalle gambe lunghe, il cui futuro non era ancora scritto, o forse sì, ma di certo solo lei adesso lo rappresenta e può dire “Sì, sono diventata quel che volevo”. O forse “No, ma c’è tempo ancora!”
In mezzo, nel mucchio, tante altre fotografie. Una mamma ancora bambina a cavallo del suo cane bianco e nero, Teddy il primo amore, poi un marito e perfetto nonno mancato, Dante che peccato! Ti sarebbe piaciuto, e tu a lui. Avreste parlato di caccia, di cani, di fucili ma anche di rose, di viaggi e di ragazze.
Penso sia un peccato chiudere vecchie fotografie in un armadio, mezzo secolo in un cassetto che può saltar fuori come un fuoco d’artificio. Penso sia una fortuna ritrovarle e condividerle, tre generazioni, almeno, che comunicano attraverso immagini apparentemente immobili, eppure cardini di un’esistenza altrimenti impossibile da ripercorrere.
Cosa ci rimane? Una domanda che un mio “vecchio” amico si pone e ci pone. Cosa ci rimane se non la memoria da tramandare a chi non può altrimenti sapere. Non solo la memoria di fatti ma quella di emozioni, di sentimenti, di affetti magari silenti che spesso nessuno osa confidare.
Tutti siamo stati figli, molti sono stati madri e padri e nonne e nonni, e hanno avuto cani. Il figlio è tornato, la nonna è felice, il cane è cambiato. Ma la storia, quella, continua.
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