La neve è l’immagine della purezza, del candore, della gentilezza. Mai avrei pensato che persino la neve potesse suscitare sentimenti di ostilità e rivalità tra esseri umani.
L’ho scoperto ieri, imbattendomi casualmente in un post pubblicato su un social network in cui testualmente era scritto: “Sarebbe bello che tutte quelle persone con scarponi e ciaspole non passassero sulle tracce degli sci alpinisti.” I commenti che ne seguivano erano un susseguirsi di rivendicazioni su chi avesse diritto di lasciare le proprie tracce, appunto, sul verginale tappeto bianco senza che queste venissero poi offese da successivi viandanti diversamente attrezzati. Si parlava addirittura di “dannati ciaspolatori che ci tritano le tracce …”.
Ne emergeva un’evidente disputa tra sciatori, pellisti e ciaspolatori, ognuno a difendere il proprio passo, il proprio ritmo, il proprio modo di vivere l’altitudine invernale. Passione che per moltissimi è emersa solo recentemente, come conseguenza dell’improvvisa virata che la nostra esistenza ha subito, costringendoci spesso tutti a “imparare” da zero cose nuove. Come l’andare in montagna.
Da amante delle quiete passeggiate nella neve, ho evitato di prendere parte alla discussione. Mi sono semplicemente domandata come si possa considerare la montagna come un’esclusiva: il deserto bianco come un diritto ad essere i primi, meglio ancora gli unici, a calpestarlo. Ho avvertito una sorta di insana gelosia, soprattutto da parte dei più esperti, in quelle esternazioni, un sentimento di possesso e di presunzione che la montagna, e la Natura in generale, non dovrebbe ammettere. Così come non dovrebbe suggerire assurde gerarchie o classi tra coloro che ad essa si avvicinano, ma solamente pretendere da tutti, indistintamente, educazione, rispetto e sensibilità.
In questi immensi spazi siamo solo ospiti, noi esseri umani, e dovremmo avventurarci in punta di piedi negli scenari che Madre Terra ci offre. Gratitudine e reverenza dovrebbero, piuttosto, animare i nostri cuori quando, in silenzio, la bellezza bussa ai nostri occhi e ci illumina di stupore. Le nostre tracce sulla neve, nella terra, sulla sabbia, sono solo fugaci segni del nostro temporaneo passaggio. Il vento le spazzerà via, il sole le scioglierà, l’acqua le assorbirà e altri animali le confonderanno con le proprie, rimescolando gli odori delle presenze umane con le loro.
“Bandiere sulle montagne non ne porto: sulle cime io non lascio mai niente, se non, per brevissimo tempo, le mie orme che il vento ben presto cancella.” Così Reinhold Messner aveva scritto da qualche parte. Un elegante invito per tutti gli esseri umani a cogliere l’immensa piccolezza della nostra presenza rispetto alla solennità della Natura.
Le sue parole sono l’unica traccia che merita d’essere lasciata alla fine di questa pagina, bianca come la neve.
Candida, PAOLA, come la neve, vergine al primo amore, condiviso generosamente, insieme, mai contro, piuttosto in gioia … con te stessa|
In lode alle alle tracce del tuo passaggio, anche sulla scia dei tuoi umori…