Il sapore dell’amicizia

Ci si abitua a tutto. Ci si abitua alle assenze, alle attese, alle rinunce. In fondo, a volte, sentire la mancanza di qualcosa o di qualcuno non fa altro che accentuarne il desiderio.

Così, l’abitudine si fa speranza.

Oggi, dopo l’ennesima coltellata alla riapertura dei ristoranti in Svizzera, il pensiero è volato d’istinto ad alcuni volti, ben precisi. Sono quelli dei proprietari del ristorante sotto casa mia, insieme a quelli dei camerieri che da anni condiscono di sapori e simpatia molte mie sere.

Oltrepassare quella porta ed entrare nel locale è sempre stato come arrivare a casa. Ci si conosce tutti, ci si saluta anche con un sorriso, a distanza, e idealmente è come mettersi a sedere in un unico grande tavolo. I proprietari conoscono ogni avventore, ne anticipano i gusti, lo coccolano, lo fanno sentire unico con una semplicità che diventa un lusso. 

Lo stesso vale per i camerieri. Lo spilungone specializzato nel sorbetto al calvados, il piccolo sempre puntuale con il vino senza bisogno di chiedere, il nuovo ragazzo già di casa, pure lui. Per non parlare del pizzaiolo, mago di quei sapori antichi che non stancano mai. In cucina, loro, i cuochi, che quando sanno della mia presenza inventano una tartare di tonno allo zenzero da sballo, e io sono felice per questa attenzione così speciale. Anzi, ero felice.

Oggi, ripensando ai loro volti soddisfatti per la condivisione di un piacere che andava oltre il semplice mangiare, moltiplico quest’immagine all’infinito. Perché infinite sono le situazioni di persone che non hanno potuto – e ancora non potranno per chissà quanto – offrire pranzi e cene nel proprio ristorante ai soliti avventori, ristorante diventato arido come un nido in attesa della primavera. 

Prendi e porta via? Si fa, certo, anche per solidarietà. Ma il take away manca di anima, non si possono portare via i sorrisi, le chiacchiere, un grazie, o un alla prossima volta! Questo sistema nutre il corpo ma non soddisfa né la mente né il cuore, perché non lascia niente, solo carta da gettare.

E allora abituiamoci a tutto. Ma non dimentichiamo che alcuni vizi apparenti, come l’andare a cena al ristorante, non sono solo leggerezze. Sono collanti umani, dove l’unico rischio di contagio, forse, è il sapore dell’amicizia consumato allo stesso unico grande tavolo!