Torno a casa, Lexie

Biondi, ricciuti, bruni, irsuti, briosi, coccolosi. Sarà una coincidenza ma da quando la scorsa primavera ci ha condotto verso un sentiero fatto di necessario isolamento e di crescente frustrazione, si è notato un singolare aumento di … cani. Prevalentemente cuccioli ma non solo, di ogni razza, mediamente di taglia piccola, con particolare predilezione per bulldog francesi, barboncini e Jack Russell.

Si potrebbe considerare il fenomeno studiando i numeri e le statistiche per valutare se quest’apparente aumento di pets sia effettivamente correlato all’esplodere del periodo pandemico. Ma a me pare che basti uno sguardo allargato per accorgersi che moltissime persone, passeggiando per la città e per i suoi parchi, portano con sé un cagnolino al guinzaglio. 

Tantissime sono state le adozioni in questi mesi, infinite le richieste agli allevamenti di cani per acquistarne uno. Come mai? 

Molto probabilmente la dilagante incertezza che da marzo ha pervaso le nostre vite ha alimentato un bisogno, forse inconscio, di aggrapparsi a qualcosa di fermo, di sicuro, di fedele. Qualcosa su cui potere avere il totale controllo ma anche una risposta affettivamente gratificante. E cosa meglio di un cagnolino può dare questo all’uomo!

D’altro canto, anche l’esigenza imposta di limitare la socialità riducendo le frequentazioni con amici, parenti e persino con i famigliari più stretti, ha fatto scattare una reazione automatica di compensazione affettiva. La solitudine, riempita solo da telefonate e videochiamate, non è stata sufficientemente sopportabile per molti che hanno, quindi, pensato di poter trovare in un cane una compensazione psicologica molto utile, profonda e duratura.

Qualcuno, sarcasticamente, potrà azzardare che nei mesi più bui e confusi del picco pandemico, molti avranno pensato di “usare” un cagnolino quale valida scusa per uscire di casa portandolo a spasso, godendo così di qualche attimo di libertà in una situazione di prigionia dettata dal caos. E forse è stato anche così. 

Tuttavia, il fatto di aver accolto un cane in famiglia ha finito col trascendere il dramma dell’isolamento, della solitudine e della clausura, innescando anche un altro fenomeno che va persino in direzione opposta a quella socialmente comandata. Infatti, le persone che oggi passeggiano, magari da sole, con il proprio cagnolino al guinzaglio hanno moltiplicato le occasioni di incontro, di dialogo, di socializzare anche con perfetti sconosciuti. Non capiterebbe, probabilmente, senza un tenero cucciolo accanto, che qualcuno ci fermi per chiederci come si chiama … per rubargli una carezza … per scambiarsi informazioni “perché, sa, anch’io ne avevo uno uguale, dove l’ha preso …?”

Ecco allora che, casualmente, le persone si sono ritrovate vicine anche senza conoscersi, accomunate da queste creature, dispensatrici di benessere, di vitalità, di amore, di sensazioni contagiose di positività!

Questa è la vera positività di cui tutti vorremmo far parte. Non da meno io. 

Da pochi giorni fa parte della famiglia una nuova creatura. Non ha ancora tre mesi, non ha neanche una razza ben precisa, perché lei è unica. Si chiama Lexie, un pelouche color nocciola destinata a diventare un gigante buono. A lei voglio dedicare questa riflessione, perché quando torno a casa e la guardo negli occhi sento una commovente gratitudine. 

Grazie per l’amore che trasmetti, capace di spazzar via ogni malattia in questo tempo di follia.