I fatti seguono il loro corso anche se noi ne correggiamo il tiro e malgrado solo noi, benché vadano come vogliono, ne siamo responsabili. No, non è il fato, è la risultante di una miriade infinita di minuscole scelte, agitate in uno shaker dove è stata aggiunta anche un po’ di casualità per dare colore a quell’inebriante bevanda…
Leggere è veramente delizioso. Provi quasi un piacere. Non è solo l’interesse, la curiosità. C’è una sorta di rapporto fra te e la pagina, fra te e quelle righe nere. L’unico dramma è che non riesco a leggere senza pensare, senza trovare un filo con quello che ho fatto, con quello che sento, con quello che ho vissuto, con quello che provo…
Forse dovrei smettere di leggere questo libro, di seguire queste parole. Ci ritrovo troppe cose legate a me e proprio non riesco di impedire alla mia mente di pensare…
Scrivere per me vuol dire continuare a vivere… Che stupido che sono. Quando uno si suicida non spera più in niente…vacilla quindi anche il poter scrivere. Soprattutto perché non c’è più nessuno che può leggere. Perché si scrive sempre perché qualcuno legga, anche solo noi stessi. E non si decide a tavolino, con razionalità e freddezza di ritirarsi in un luogo appartato e sicuro per potersi suicidare. E per poter scrivere che ci si sta suicidando.
Sono frasi di un libro, sottolineate da me nel novembre del 2010. Sulla prima pagina vuota, in matita, un mio appunto: “martedì 30 novembre, rinascita”. Non ricordo a cosa stessi pensando scrivendo questa parola, rinascita, ma oggi mi suona così significativa e importante. Perché quel libro è “Sempre più verso Occidente”, di Daniele Pugliese, immenso scrittore, giornalista e pensatore. Lui ha deciso di scomparire qualche giorno fa, dopo una lunga meditazione che non gli ha lasciato il minimo dubbio di avere fatto la scelta giusta, quella di uccidere il dolore.
Peccato. Sì peccato perché così ha smesso anche di scrivere e scrivere per lui voleva dire continuare a vivere. Rinascita. Di sicuro, all’epoca, la lettura di questo libro aveva rappresentato per me un’esperienza psicologica profonda, perché in quelle pagine ritrovavo davvero troppe cose legate a me … Ora lo sto rileggendo, ricalcando le tante sottolineature a matita, soffermandomi su pensieri a volte dolorosi, graffianti, dove anche il piacere viene spesso vissuto come dramma.
Non riesco a non pensare, a pensare a Daniele che scrive, che racconta, che parla. Sento ancora la sua voce. É come se le righe nere sulle pagine emanassero la sua tonalità, le sue espressioni, a volte severe, altre provocatorie, altre ancora ironiche, ma sempre sincere.
Spero che questo libro rinasca, almeno lui, tra le mani di tanti lettori. Perché è l’unico modo, questo, per far rinascere anche il suo autore.
Commenti recenti