Arrivo troppo tardi. Scopro solo dopo quattro giorni che tu Daniele non ci sei più. Un misto di rabbia e dolore provo per non aver potuto salutarti, la solita maledetta sensazione di impotenza di fronte a un vuoto annunciato.
All’improvviso ecco riaffiorare tutti i discorsi fatti in tanti anni di conoscenza puramente virtuale ma quanto mai reale. Forse vent’anni fa ci eravamo incontrati per la prima volta in rete, un miscuglio di dialoghi tra letteratura, filosofia, sciocchezze amene sui piaceri della vita, perché no. Ti divertivi ad ascoltarmi, e io a farmi leggere i racconti di “Sempre più verso Occidente” libro che poi ho comprato e divorato, anzi che poi mi ha divorato, con quello “Specchietto retrovisore” che ancora mi scava dentro.
Ci eravamo ripromessi che prima o poi ci saremmo incontrati, magari a Firenze durante una delle mie trasferte romane, per far sì che le nostre confidenze avessero anche una fisicità. Ma non è mai successo. Eppure, il legame mentale ha resistito. Hai apprezzato la mia scrittura in tutti questi anni, stimolando tante letture e recensioni per Tessere, e ogni volta mi sentivo fiera di poter pubblicare qualcosa per te. Per assurdo recentemente mi era passato per la mente di mandarti il mio ultimo libro, così per avere un tuo parere prima che sia pubblicato, come avevi già fatto in passato. Chissà cosa ne avresti pensato.
Non puoi dirmelo. Non ci sei più. Il 7 febbraio eri a Zurigo, apprendo, per imboccare la tua ultima “Uscita”. Avevi sempre pensato che questa sarebbe stata l’unica soluzione per liberarti finalmente del tuo dolore e lo dicevi con serena consapevolezza, chiedendomi informazioni su come funziona qui. Sono sicura che con altrettanta serenità ti sei affidato all’unico modo civile e dignitoso per sentirti definitivamente padrone del tuo destino.
Era il 23 febbraio dello scorso anno, quando in un nostro scambio di messaggi ti chiedevo: “Come stai oggi? ” E tu: “Non c’è molto da dire, a parte il mio dolore cronico che mi impedisce tutto”. “Ci sono!”, ti ho risposto.“Frase di Heidegger, in tedesco Dasein. Parola molto importante per me finché non andrò in Svizzera a cercare la mia fine. Vediamo quanto resisto ancora. Ti abbraccio Paola.”
Mi piace immaginarti sul tuo Rover, ora, tra le tue amate montagne, i tuoi scarponi impazienti di portarti ovunque tu voglia, finalmente libero. Ciao Dani, ti abbraccio anch’io. Tu hai resistito quanto hai potuto ma i tuoi libri continueranno a vivere per te.
Da un pezzo non sentivo Daniele. Ho letto sul giornale. Sapevo della malattia e del dolore.
Ora vorrei solo ringraziarlo perché anche se ci sentivamo sporadicamente l’ho avuto vicino per tutta la vita. Un caro saluto a te che l’hai conosciuto, mi manca davvero tanto.