Scrivere un libro è come concepire un figlio. Solo nell’atto creativo appartiene totalmente all’autore e la fase di gestazione rappresenta il culmine della fusionalità tra due creature destinate a scindersi. Il tempo passato insieme è l’essenza di un amore unico. Ma un libro ha una vita a sé, proprio come un figlio. Dalle mani amorevoli di chi lo scrive passa a quelle critiche di chi lo pubblica. Fino a moltiplicarsi nell’infinità (si spera) di giudizi di lettori senza scrupoli, i quali lo faranno definitivamente proprio.
Interessante, noioso, accattivante, poteva essere migliore, eccezionale …! Quel mucchio di pagine bianche, sverginate dalla creatività di uno scrittore innamorato dei propri pensieri, viaggerà nel tempo (sempre, si spera) fino a diventare quel che il pubblico vuole.
Solo nel cuore di chi l’ha concepito, la sensazione di aver compiuto un piccolo miracolo resterà un eterno bocciolo che mai sfiorirà. Perché prima non esisteva. Ora, quel libro ci sarà per sempre.
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