Fermati un istante

Azzurri, grigi, verdi. Sfumature tenui e al contempo plumbee che ricordano i dipinti romantici del grande Turner. 

Il lago d’inverno esprime la sua natura più autentica, quella un po’ malinconica, solitaria ma rassicurante. Quella natura in cui rispecchiarsi e rifugiarsi per ritrovarsi. 

Amo passeggiare in silenzio lungo le sue sponde, dove finalmente son tornati ad essere padroni di casa gabbiani, anatre, folaghe e i pochi cigni superstiti di chissà quale misteriosa deportazione di cui nessuno parla.

L’assenza di turisti e la situazione nebulosa che limita le persone a circolare liberamente regalano, paradossalmente, un’atmosfera lacustre perfetta. E così anche il lago pare mettersi in posa, protagonista di foto improvvisate che immortalano tutta la bellezza della sua apparente immobilità.

Sì, apparente. Perché ad ogni sguardo il lago muta, non è mai identico a se stesso. Basta una luce, un soffio di vento, un battito d’ali, un millimetro più avanti o un secondo più tardi … ecco che lo stesso specchio liquido si rivela sorprendentemente nuovo, diverso, unico nella sua placida essenza.

Irresistibile, dunque, fotografarlo decine e decine di volte nella sua lenta e seducente esibizione. E allora penso: non è questo, forse, un disperato e illusorio bisogno di fermare il tempo rinchiudendolo dentro il semplice click di uno scatto? L’emozione di un attimo che diventa ricordo nell’istante stesso del suo nascere.

“Scatto”! La contraddizione è buffa, se ci si pensa: per definizione un moto brusco e subitaneo si rivela l’unico mezzo umanamente possibile, forse, per dire al tempo “fermati un istante” e scolpirlo nella memoria per sempre. Perché che cos’è la memoria se non una collezione di istanti, ricamati di azzurri, di grigi, di verdi … che dagli occhi scivolano piano fino in fondo al cuore.