Le camelie traboccano di turgidi fiori già abbondantemente maturi, mentre le magnolie svettano flessuose con fragranti boccioli assetati di sole. Peccato passi quasi inosservata ai più tanta bellezza che, di giorno in giorno, muta, si reiventa, si spoglia e si riveste di sfumature sempre nuove. Un po’ come una giovane donna che si fa bella. Passa quasi inosservata innanzitutto perché in questi giorni pochi girovagano per la città, secondariamente perché molti di quei pochi sono incapsulati in pensieri grigi.
È surreale. Passeggiando per Parco Ciani e lungo i viali lacustri di Lugano si può persino ascoltare il silenzio. Poche le auto in circolazione e meno ancora i passanti, eccezion fatta per qualche appassionato di jogging o di passeggiate meditative. Come me.
Ecco, allora, che ascoltando questo silenzio e trovandomi quasi del tutto sola nel cuore del parco, oggi mi sento vagamente come dentro il libro di Guido Morselli – Dissipatio H.G. – libro in cui, come suggerisce il titolo, l’intero genere umano (Humani Generis) si è dissipato.
Passo dopo passo sfoglio mentalmente le pagine. Potrebbe essere un qualsiasi parco di Crisopoli – traslitterazione della città di Zurigo – quello in cui cammino. È la città del protagonista, il quale la notte del 2 giugno decide di suicidarsi, scegliendo come luogo della sparizione una grotta, teatro platonico di un gesto estremo che, in verità, non riesce. Al termine di quella lunghissima notte, infatti, l’alter ego letterario di Morselli, riemerge dalla grotta per scoprire che l’umanità è sparita, dissipata, e lui è l’unico superstite. A ricordare l’esistenza dei suoi simili solo gli oggetti, mentre la natura e gli esseri animali sono rimasti le uniche entità viventi.
Faccio mie l’incredulità e lo smarrimento del mancato suicida che si domanda cosa sia accaduto, perché tutti siano spariti tranne lui. Di cosa è portatore? Cosa deve capire? Senza altri esseri umani che senso ha pensare, fare congetture, progetti? Persino il suicidio diventa inutile, perché occorre qualcuno da ferire, da punire per dare uno scopo completo a quell’atto. Sono pagine fortissime, amare e toccanti, quelle di questo libro tanto controverso come la vita stessa dell’autore che, nella realtà, è invece riuscito a portare a termine il suo ultimo atto.
Ricordo che, dopo una specie di inebriante incredulità iniziale di fronte alla Dissipatio, il protagonista comincia a fare i conti con la paura, dettata innanzitutto dall’assenza del tempo: “Si suppone che, abolito il tempo, l’uomo come tale perda la sua consistenza. […] Ed è sicuro che sono fuori del tempo. Ne ho una conferma perentoria: non mi si presenta il problema, che prevedevo e paventavo, del tempo libero. […] Sto scoprendo che l’eterno, per me che lo guardo da un’orbita di parcheggio, è la permanenza del provvisorio.”
Il tempo, dunque, e la solitudine. Persino il semplice gesto di accendersi una pipa può diventare immensamente lungo e complicato, mentre vagabondare per chilometri senza incontrare nessuno ha il sapore di un fugace istante.
Stranamente, ricalcando i pensieri e le sensazioni di Morselli, mi sembra d’intuire un filo di eccitazione in lui, un torbido piacere nel ritrovarsi completamente solo sulla Terra, libero finalmente anche dai dettami del tempo esterno. O forse è mio quel torbido piacere, dovuto alla potenza della suggestione ma anche al fatto che – per fortuna! – questo visionario gioco è solo il frutto temporaneo della mia immaginazione. Sorrido al sollievo che provo scorgendo qualcuno passeggiare tra le piante, sentendo una voce di donna che richiama il suo cane, il suono di una campana in lontananza che vibra per la città.
Non sono a Crisopoli, sono a Lugano, la città dei cigni. Nessuno è sparito e nessuno vuole sparire. Il tempo esiste, scorre, promette e rassicura. Le camelie traboccano di turgidi fiori già abbondantemente maturi, mentre le magnolie svettano flessuose con fragranti boccioli assetati di sole…
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