Cantando con le proprie parole

Nessuno lo segue ma tutti ne parlano. Uno degli spettacoli più trash dell’eccellenza italiana è in primo piano, volenti o nolenti. Anche a tv spenta, ci pensano i social a far da megafono, come se il mondo in questi giorni fosse tutto qua. Fatico a tirar fuori dalla spazzatura di notizie quelle che in realtà reggono il nostro presente, un presente meno alla ribalta e sempre più deformato da una comunicazione pilotata e non pertinente alla mia dimensione umana.

Peccato! Perché di argomenti interessanti è pieno l’infinito cosmo mediatico, eppure faticano ad emergere. Non attirano, non piacciono, non divertono, non fanno discutere, non fanno scalpore.

Mi confronto su questo tema con gli amici di sempre, seduta a un tavolino, dentro un bar della città. Fuori piove, con un tempo così si possono fare solo due o tre cose piacevoli e una è parlare. I miei amici la pensano come me, per fortuna ma già lo sapevo, e – mentre al tavolo accanto si polemizza sulla ridicola gag di un noto attore americano ridotto a papera – ci domandiamo se il livello medio di qualità intellettuale dell’umanità sia all’improvviso drammaticamente precipitato, o se sia già da tempo alla deriva, reso solo più evidente dall’inesorabile potere diffusivo dei media. 

Siamo presuntuosi? Forse, dopo tutto, abbandonarsi a simili leggerezze passeggere è un modo per esorcizzare i fardelli dell’esistenza, chissà! Questo ci dà il diritto di sentirci diversi, migliori, perché immuni da quelle che nonostante tutto consideriamo immondizie culturali? Certo che no. Semplicemente ci fa sentire un po’ soli, frustrati ed emarginati nella nostra scomoda minoranza rispetto una massa apparentemente uniforme e poco critica, beatamente adagiata su una palude di superficialità alla quale risulta facile e contagioso abituarsi. In fondo, è consolatorio stringerci attorno alle proprie convinzioni e questo vale per tutti, meglio ancora se si è in tanti. 

Lasciamo il bar, all’altro tavolo continuano imperterriti a discutere. Noi ci armiamo di impermeabili e ombrelli, magari servono a proteggere anche i pensieri. Per strada, dei bambini mascherati sfidano la pioggia con manciate di coriandoli multicolori. Speriamo che almeno loro, crescendo, imparino a distinguere, a scegliere, a ragionare, a cantare con le proprie parole. Senza scambiare pezzettini di carta colorati per vitali gocce d’acqua.