Cani, topi e umane emozioni

Un boccone rosso scarlatto. Evidentemente assai succulento, visto che Nexi lo tratteneva con le zampe anteriori, beatamente spaparanzata sul prato, leccandolo avidamente.

Appena il tempo di avvistare dalla finestra la scatola nera poco più in là del cane, completamente divorata e svuotata del suo contenuto, che il campanello d’allarme ha proiettato uno scenario inquietante.

Pochi secondi per raggiungerla e gridarle di non mangiare quella roba. Ma il boccone rosso era ormai sparito nelle fauci della cucciola, ignara di avere ingerito un potente veleno per topi utilizzato per la derattizzazione del giardino.

Cosa fare? Accendere il computer e cercare informazioni in rete: la situazione è grave e bisogna agire immediatamente perché l’avvelenamento da ratticida dicumarinico (un potente anticoagulante) per i cani è letale. 

È domenica, il suo veterinario non è al momento reperibile. Ma c’è una clinica veterinaria in città sempre aperta, quanti altri cani mi è capitato di portarci …! Carichiamo Nexi a peso sull’auto, che ci guarda con l’evidente espressione di una creatura avvilita, consegnata al destino che mio figlio Gabri e io le stiamo cercando di strappare. 

Soffre l’auto. Meglio – pensiamo – così se vomita sarà utile. Invece no, il veleno si annida ancora nel suo corpo quando arriviamo alla clinica, dove la dottoressa ci dà la precedenza su altri pazienti. Così, Gabri sparisce con Nexi al di là della porta vetro.

Silenzio. Intanto, seduta in sala d’attesa, penso alle altre occasioni in cui mi ero ritrovata lì in passato … con Tris, Oscar, Rocky, persino con Oliver, la tartaruga. Mi sembra di ripercorrere non solo le immagini, ma anche di percepire gli odori degli animali, i quali quando hanno paura sono diversi, più intensi. Ricordo … so che anche questa volta andrà bene.

Dopo qualche minuto, ricompaiono. Bisogna portare Nexi fuori, tra poco espellerà il boccone avvelenato grazie a una iniezione di cloruro di sodio catartico che le stimolerà le necessarie contrazioni allo stomaco. Sembra ancora più lunga e più magra così scossa dall’innaturale ondata interna, interrotta dalle nostre carezze e dai suoi sguardi interlocutori e, forse, grati.

L’estromissione del male dura parecchi minuti e l’analisi del rigetto conferma che si trattava del potente veleno. La dottoressa proseguirà il trattamento somministrando alla cucciola delle pastiglie di vitamina K, che – ci spiegherà poi – dovranno essere assunte per due settimane.

Con questa cura e, soprattutto, con la tempestività con cui i soccorsi sono stati attivati, la piccola grande Nexi ora è di nuovo a casa sua, in giardino, mortificata ma pronta a recuperare. 

Ho sentito il bisogno di raccontare questo. Primo, per scaricare la tensione che anche solo poche ore di spavento possono causare. Secondo, per dare qualche informazione a chi vive con un cane e si possa malauguratamente trovare in una situazione analoga. D’istinto, per esempio, avrei dato del latte da bere a Nexi, cosa assolutamente da non fare!

E allora, ecco quello che ho imparato da quest’esperienza a lieto fine, cui ripenso con un sospiro di sollievo. È stato fatto un ottimo lavoro di squadra, fossi stata sola l’avrei persa.

Un grazie, per l’ennesima volta, anche alle veterinarie e ai veterinari. 

Il quadro clinico dell’avvelenamento da ratticida dicumarinico deriva dalla mancanza di una corretta coagulazione dovuta all’inibizione dei fattori coinvolti. L’antidoto è la vitamina K.

Servono da 2 a 5 giorni prima che i segni si manifestino (quindi è importante accorgersi e agire subito!), in quanto i fattori di coagulazione e la vitamina K devono essere esauriti, pur in presenza di variazioni interindividuali.

Il quadro clinico è di coagulopatia per deficit di fattori di coagulazione, che provoca emorragie multiple: melena, ematemesi, epistassi, ematuria ed ematomi sottocutanei, anche se in molti casi gli animali presentano depressione, anoressia e dispnea per la presenza di emotorace.

Può inoltre determinare una sintomatologia acuta con morte improvvisa per collasso vascolare, o emorragia cerebrale, pericardica o toracica, senza sintomi precedenti.

Alla visita si possono osservare mucose pallide o cianotiche, polso rapido e debole, dispnea, letargia ed ematomi in diverse parti del corpo.

Esiste un lungo elenco di ratticidi anticoagulanti classificati come di prima o seconda generazione, in funzione della loro efficacia sui ratti resistenti al warfarin. Il meccanismo d’azione di base è la riduzione della vitamina K attiva. La vitamina K è necessaria per la sintesi dei gruppi di acido dicarbossilico, è un componente dei fattori di coagulazione II, VII, IX e X ed è responsabile del legame con il calcio, necessario per la sua funzione coagulante. Nel processo di sintesi dei gruppi carbossilici, la vitamina K viene ossidata, diventando vitamina K epossido che deve essere successivamente ridotta per tornare attiva. I derivati della dicumarina inibiscono questo processo di rigenerazione della vitamina K.

La prognosi dell’avvelenamento da dicumarinici dipende dalla rapidità con cui si agisce!