A spasso con gli spiriti di Cetto

Anche oggi ho imparato come dentro una manciata di casupole appollaiate tra le belle valli del Canton Ticino si possa annidare una misteriosa storia da raccontare.

Mi è capitato percorrendo la stradina che da Cabbio conduce a Cetto, poco sotto il Sasso Gordona, in una Val di Muggio ancora vestita d’inverno. All’orizzonte di fronte a me, un Monte Generoso abbondantemente imbiancato, con il luccichio dorato del Fiore di Pietra appena percepibile, trafitto da un sole amico. 

Da queste parti – si dice – non si viene per fermarsi ma solo di passaggio per raggiungere mete più attraenti. In effetti, la disarmante semplicità di questi nuclei evoca un’immobilità quasi spettrale che, evidentemente, scoraggia la maggior parte degli escursionisti, ingolositi da paesaggi più accesi. 

Eppure, come dicevo, anche qui, tra le pietre delle case austere, i ceppi di legna da ardere accatastata nei cortili, l’odore di camino nell’aria e il silenzio che tutto impregna … anche qui vale la pena fermarsi e lasciare che la curiosità prenda per mano per scoprire un mondo lontano. In questo modo, si può persino sperare di incontrare uno … spirito. 

Infatti, leggendo un pannello illustrativo alle porte di Cabbio – poco sotto il Museo etnografico – imparo che all’inizio del Secolo XX questo minuscolo paese fu scombussolato da un fenomeno inquietante, di cui persino i giornali di allora ne diedero notizia. Su Popolo e Libertà, Corriere del Ticino, Il Dovere, Gazzetta Ticinese del 1904 si susseguirono a lungo diversi articoli riguardanti Cetto e i suoi temuti spiriti invisibili, forse maligni.

Succedeva questo: il cascinale della famiglia Codoni fu sconvolto, per un lungo periodo, da inspiegabili fenomeni spiritici che si manifestavano – alla presenza di testimoni – con colpi, di origine sconosciuta, alle pareti e ai mobili. Colpi che, oltre al frastuono, provocavano danni agli oggetti.

Emanuele Codoni, il proprietario, profondamente turbato dal fenomeno ricorrente, chiese l’intervento di don Spinelli, parroco di Cabbio, il quale scrisse alla Curia, spiegando che in una casa di qui vi sono gli spiriti, ossia il diavolo!

La notizia fece scalpore e ci fu chi si scagliò contro la chiesa e contro la superstizione cercando invano di convincere la gente che si trattava di una truffa ben orchestrata… altro che diavolo!

Lo scandalo suscitato dagli “spiriti di Cetto” fu tale da indurre il procuratore pubblico Carlo Stoppa a recarsi due volte sul posto, senza però riuscire a dare un senso razionale al mistero. Il 24 agosto, il commissario di governo di Mendrisio decretò persino la chiusura del cascinale e il divieto di entrarci, ciò nonostante i fenomeni non smisero di manifestarsi, anzi si ripresentarono l’estate successiva. A quel punto, le autorità credettero di individuare la responsabile dei rumori nella figlia quattordicenne dei Codoni, Maria, che venne condotta al Pretorio di Mendrisio. Tuttavia, anche in assenza della ragazza, il caos continuò a sconquassare il paese, seminando nuova paura e confusione tra la gente della valle.

Dopo aver appreso di questa storia, ho guardato con occhi diversi il nucleo di Cabbio e i suoi dintorni. Non più spettrale, bensì riservato, composto, padrone del proprio ordine e del proprio tempo. Nessuno in giro, nessun rumore, solo il gorgheggiare dell’acqua dalla bella fontana con le sue tre vasche bianche. 

Poco oltre, dove la stradina asfaltata si fa sentiero, il bosco accoglie il viandante con altrettanta solennità. Altissimi larici s’impennano verso l’azzurro a caccia di sole, mentre nel sottobosco in parte innevato senz’altro qualche cervo sta guardingo a spiare l’ospite umano di turno. In questo caso … io. 

Così sorrido, ripensando a una frase in dialetto, riferita alla storia degli spiriti di Cetto:” E anca mo, se sa ved in gir una persona un puu strana e insolita sa dis: Quel lì l’è cumè un scpirit da Cett!”