Cerutti, il Massimo del caffè

Intervista per Ticino Welcome di Aprile

Insignito della “Patente di Assaggiatore di Caffè dall’Istituto Internazionale di Caffè di Brescia, Massimo Cerutti rappresenta la terza generazione di una famiglia leader nella distribuzione del caffè sul mercato svizzero e estero.

Il banco del bar come luogo d’incontro. Una tazzina di caffè come spunto di dialogo. Massimo Cerutti si racconta con entusiasmo in maniera del tutto inusuale. Non seduto dietro la scrivania del suo ufficio o accomodato su una poltrona, bensì in piedi, circondato completamente dal suo mondo. Quello in cui è cresciuto, quello che ha respirato sin da bambino, quello che tutt’ora è la sua passione e, forse, la sua missione. É il mondo del caffè, il caffè che porta il nome della sua famiglia, come lasciano intuire le fotografie e i documenti incorniciati alle pareti di una stanza carica di aromi. Aromi inconfondibili, sprigionati dai sacchi di juta colmi di chicchi preziosi provenienti dai più generosi sud del Mondo. Proprio erogando il suo caffè con minuziosa ritualità, comincia il suo racconto.

Quali sono i segreti per preparare un buon espresso?

Un eccellente espresso dipende dalla mano, dalla miscela e dalla macchina e dalla macinatura. Perché è da piccoli gesti e da grandi attenzioni che si produce la qualità. Prima di agganciare il portafiltro con il caffè occorre sempre lasciare scendere un po’ d’acqua dalla macchina, per pulirla dai residui che inevitabilmente si accumulano precedentemente. Non solo. Il macinino ogni mattina va svuotato dell’eventuale caffè rimasto la sera prima, perché quella miscela ha perso tutte le sue fragranze e va rinnovata mescolandola con caffè appena macinato. Anche il macinino va pulito con cura, così come le macine devono essere cambiate regolarmente almeno una volta all’anno o a dipendenza dei consumi. Sono accortezze che non tutti gli esercizi pubblici osservano, ma che fanno la differenza nell’offerta di un espresso perfetto. E soprattutto fanno la gioia dei clienti ogni mattina. Per questo il barista deve dedicarsi, deve dare “il massimo” della dedizione alla preparazione di un caffè.

Con o senza zucchero?

La gente in genere preferisce bere il caffè zuccherato. In ogni caso, con o senza zucchero, un espresso va sempre mescolato con il cucchiaino prima di essere sorseggiato. Perché? Guardi in questa tazzina di vetro trasparente cosa succede all’espresso: il caffè non si distribuisce in maniera uniforme ma a strati. Sotto è più scuro e liquido, sopra è più denso e cremoso. Solo mescolandolo si amalgama tutto, ottenendo la pienezza del profumo all’olfatto e del gusto al palato. Questo bisogna dirlo ai clienti, perché possano meglio apprezzare un prodotto tanto prezioso preparato con passione.

Ha detto che per fare un buon caffè ci vuole dedizione. Come lo ha imparato?

Sì per fare un buon caffè ci vuole una grande passione. E io ho avuto chi mi ha trasmesso questo valore, sono stato fortunato. Guardi questa vecchia foto: è la Trattoria Albergo Tripoli, sul Lago Maggiore, condotta da Alessandro Cerutti, mio nonno, che non ho mai conosciuto purtroppo. Era scorta reale dei Savoia, pensi, e conduceva, insieme a mia nonna Angioletta, questa trattoria vicino a Laveno, precisamente a Leggiuno, in frazione Cellina. Era il 1926. E nel 1932 mio nonno riceveva la licenza per esercitare il commercio e la vendita che qui, in quest’altro documento, può vedere: “… Frutta, verdura, e …caffè…” ecco che compare la parola magica nella licenza firmata dal Podestà. 

Suo papà quando prese le redini di famiglia? 

Mio papà Angelo Enrico, nato nel 1921, nell’anno 1937 andò a lavorare come cuoco niente di meno che all’Hotel Des Iles Borromées di Stresa. E sono così fiero di questo e di poterlo raccontare, perché nessuno sa che grande storia alberghiera, e non solo, ci sia nella nostra famiglia. Qui in questa cornice c’è anche il suo libretto di stipendio conservato intatto. Purtroppo, poco più avanti arrivò il richiamo a militare e poi scoppiò il finimondo con la Seconda Guerra Mondiale. Così mio papà dovette partire. Fece tutti gli anni di guerra, donando al Paese “gran parte della mia giovinezza, forse gli anni migliori …”, come sta scritto in queste frasi con foto ricordo in Piazza San Marco, a Venezia, o sul fronte con i suoi amici commilitoni che mi ha lasciato e che io ho incorniciato, come può vedere.

Quindi suo papà ha dovuto interrompere la carriera?

In verità papà ha continuato a lavorare come cuoco anche da prigioniero. Guardi in questa foto di gruppo: questo è papà in vestito scuro, l’abito dei prigionieri, accanto a colleghi cuochi tedeschi, invece in casacca bianca. Qui era in Germania.

E quando finalmente la guerra finì?

Rientrato dalla Germania papà scese verso il nostro lago, il Lago Maggiore, e decise di venire in Svizzera. Esattamente entrò in Canton Ticino nel ’48, guardi qui: c’era già il Libretto A per gli stranieri negli anni Quaranta, e papà fu collocato, per ottenere il permesso, come cuoco del personale al Bellevue. Papà dimostrò subito d’essere davvero un prodigio, perché lo chiamarono nei più prestigiosi Hotel della Svizzera – da St. Moritz ad Arosa a Lugano – e la sua carriera è stata davvero strabiliante. Ha lavorato con Paul Spuhler, grandissimo chef svizzero, all’epoca al Waldhaus di Sils-Maria come Chef Saucier e mio padre come Chef Rôtisseur. 

Papà Enrico ha continuato a lavorare sempre nell’hotellerie in Svizzera?

No, dopo una breve parentesi a Luino, sul Lago Maggiore, dove aveva le sue sorelle, gli offrirono un esercizio pubblico importante a Saronno, il Caffè Principe, in Corso Italia. Papà ritirò questo esercizio pubblico, e lo gestì dal 1950, quando si sposò con mia mamma Elivia, al 1960, chiamandolo da Rico, Ristorante Caffè Principe di Cerutti. Qui venivano anche venduti i famosi Amaretti e il liquore Amaretto di Saronno. Dieci anni di attività in cui papà si fece conoscere molto bene a Saronno, tutti lo stimavano perché veniva dall’esperienza svizzera e prima ancora dal Des Iles Borromées di Stresa, cinque stelle. Per dieci anni, perciò portò avanti l’esercizio con grande successo, poi decise di smettere. 

Come mai smettere nel pieno del successo?

Perché in 10 anni non aveva mai chiuso un giorno. Nel frattempo, era riuscito ad acquistare l’immobile e, guardi in questa foto: questo signore accanto a mio papà, nostro caro amico medico, gli disse “caro amico adesso basta, smetti di lavorare, affitta tutto perché se continui con questi ritmi rischi davvero di giocarti la salute…”. Papà seguì il suo consiglio. Ma attratto dal commercio del caffè si lasciò presto convincere dall’invito ad aprire in Svizzera un suo bar: era il 1961 e papà aprì in Piazza Boffalora a Chiasso il suo primo bar, che tenne fino al ’91, cioè trent’anni. Contemporaneamente con il bar, dal 1961, iniziò a commercializzare per poi produrre una marca di Caffè Italiano su tutto il territorio svizzero del suo fornitore ai tempi Bar in Saronno. 

Massimo Cerutti quando subentra accanto a papà Enrico?

Io sono nato a Saronno ma, nonostante le resistenze di mamma che inizialmente non voleva lasciare quella piccola grande città allora in ascesa, siamo venuti qui, in Svizzera. Dopo le scuole a Mendrisio volevo fare la scuola alberghiera di Losanna. Scelsi poi di fare l’apprendistato di cuoco iniziando al Palace di Losanna. Volevo seguire le impronte trionfali di papà, che era partito da un cinque stelle. Era il ’79 e io ero il primo apprendista del Ticino che usciva dal Cantone e arrivava lì: un ragazzo di 16 anni con una grande responsabilità, dunque, e per tre anni ho dimostrato di essere all’altezza, conseguendo il mio attestato di capacità federale con la seconda miglior media del Canton Vaud. 

Finiti gli studi come ha proseguito la carriera?

Ci sono state due parentesi in cucina: una allo Schweizerhof a Berna e l’altra al Dolder di Zurigo, dove ho conosciuto delle persone davvero straordinarie, bellissime esperienze. Dopo di che son partito per la Germania e poi straight on to Englandperché non sapevo l’inglese, mi mancava per completare la mia preparazione professionale, così ho frequentato un corso d’inglese e “Business Administration” a Cambridge, arricchendomi anche di questa lingua.

Nel frattempo suo papà proseguiva l’attività qui in Svizzera, giusto?

Sì e nel frattempo la Lazzaroni – Amaretti/Biscotti – che cercava un importatore in Svizzera francese e tedesca per gli Amaretti di Saronno, lo contattò sapendo del successo della sua attività con il caffè. Papà accettò coinvolgendomi nella responsabilità di questa nuova sfida nel commercio. Nasce così l’Azienda Massimo Cerutti, ufficialmente nel 1985, anche se era avviata già l’anno prima. Nel ’95 sarà trasformata poi in Società Anonima.

Nel ’90, quando papà aveva già settant’anni, nasce ufficialmente CERUTTI “il Caffè”, così come lo si conosce oggi in tutta la Svizzera. Ho detto: “papà vedrai che tutto quello che hai seminato sarà portato avanti e sarà da tutti riconosciuto!” Nel ’96 a Chiasso (Palazzo Credit Suisse) apre lo Snack Bar CERUTTI “il Caffè, anche se nel ’91 già esisteva un primissimo Bar Cerutti, in altra sede a Mendrisio.

E qui a Novazzano quando siete arrivati?

Questa sede c’è dal ’90 e oggi l’azienda conta circa 50 dipendenti. In Ticino ci sono diversi Bar Cerutti, uno anche a Boffalora, località affettivamente cara, perché è proprio dove eravamo arrivati in origine partendo dall’Italia. Ci sono tutti i documenti che testimoniano queste tappe e mi rammarico di non aver potuto conoscere nonno Alessandro (e addirittura il mio bisnonno Paolo), perché rileggendo delle lettere conservate dal mio papà dev’essere stato davvero un grande personaggio. Anche i certificati di lavoro del nonno confermano le sue grandi capacità, di cui ovviamente sono fiero, e che credo di aver ereditato.

Evidentemente sì. Qui vedo non solo caffè, ma tanti prodotti golosi.

Sì, nel nostro shop abbiamo diversi prodotti dolciari esclusivi, di qualità eccellente, per il mercato di tutta la Svizzera. Non solo caffè in grani, cialde e capsule, e non solo le macchine Cerutti. Ma anche gli Amaretti e il liquore di Saronno – Paolo Lazzaroni come pure altre specialità dolciarie, Tre Marie, Mangini, Ghiott e Condorelli. 

Tornando al caffè Cerutti, come nasce tecnicamente, dai grani alla tazzina?

Il nostro caffè nasce da sei tipi di caffè verde naturale, proveniente dai Paesi d’origine, caffè verde non trattato, in modo da raggiungere un perfetto equilibrio in tazza, in sintonia con lo stile italiano. Viene tostato nella zona di Como, sempre d’accordo con la migliore tradizione italiana. Perché, si sa, un eccellente caffè racchiude in sé lo stile italiano. Amo dire che un eccellente caffè è come una sinfonia in quattro tempi: primo tempo, l’aspetto visivo; secondo tempo, l’aroma; terzo tempo, il gusto; quarto tempo, il piacere di condividere questo esclusivo piacere con gli amici. 

Come una danza si torna, dunque, al banco del bar, sorseggiando un caffè e chiacchierando con gli amici.

Certo. Il piacere va condiviso, anche quello in tazzina. E si ricordi, d’ora in poi, quando va al bar, di osservare i gesti e le operazioni che la mano del barista compie prima e durante la preparazione dell’espresso. Perché, ripeto, un eccellente espresso dipende dalla mano, dalla miscela e dalla macchina e macinatura.

Questo è il Massimo del caffè. Ma il Massimo oltre il caffè?

Oltre il caffè coltivo alcune passioni. Amo la musica, tanto che una nostra miscela si chiama proprio “Sinfonia”. Anche mio nonno e mio padre suonavano e, forse, anche in questo ho preso un po’ da loro. Dal 1976 sono membro della Civica Filarmonica di Mendrisio, e faccio parte del Comitato. Ho anche suonato nella banda militare, il clarinetto è il mio strumento. Musica a parte, sono socio Lions nel mendrisiotto – Presidente 2012-2013. 

La sua attività è quindi stimata in Svizzera e si sente legato, oltre che alle sue origini del Lago Maggiore, al Canton Ticino?

Molto, mi sento legato al territorio e alla gente. Tanto che sono Consigliere Comunale a Mendrisio PLR, dal 2016 e nella Commissione della Gestione. E adesso vediamo cosa succede in quel del Gran Consiglio, perché credo di essere uno dei pochi audaci, forse l’unico imprenditore nel ramo alimentare e coloniale, a presentarsi a queste elezioni. Lo faccio perché mi sento particolarmente vicino alla gente e, ascoltandola, mi è nato il desiderio nel tutelare gli imprenditori/artigiani in Ticino per una facilitazione più veloce e trasparente nello svolgere la loro attività. Il promovimento economico e turistico del Canton Ticino per tutti gli esercizi pubblici e strutture alberghiere. Il sostegno e la promozione di eventi culturali e sociali anche per i musei presenti nel nostro cantone. 

Solo ascoltando le persone quotidianamente si può capire cosa c’è davvero bisogno nel Cantone. Mi piace restare con i piedi per terra in vista di questo mio impegno politico, così come lo sono nel mondo del caffè. Anche al banco del bar, gomito a gomito con gli altri, si crea l’occasione per socializzare, per ascoltare, per capire. Si ricordi: il caffè va bevuto al banco, non seduti da soli al tavolino, così si crea contatto tra le persone. Lo stesso dev’essere nell’impegno politico.

Persone … accanto a lei c’è chi prenderà le redini dell’azienda?

Ho tre figlie ma è ancora presto per disegnare il futuro dei Cerutti, saranno loro a scegliere. Se qualcuna vorrà proseguire il lavoro di famiglia ben venga. Speriamo solo che il nome del nonno Alessandro e del papà Enrico siano sempre ricordati, e che quello del CERUTTI “il Caffè” continui a restare impresso sulle confezioni e apprezzato dai consumatori.

Mendrisio?

Vivo e amo Mendrisio e sono sposato dal 1997 con Cristina e, come ho detto, ho tre figlie, Alessandra, Eleonora e Federica, ben inserite nelle associazioni della città di Mendrisio.

Il Caffè, un’ultima battuta.Confido di continuare a portare avanti sempre con successo la mia missione. Con lo stesso carisma di nonno e di papà. Affinchè Cerutti possa continuare ad essere il Massimo del Caffè.