Numeri e nomi al tempo del Covid

C’è qualcosa di stonato nel marasma d’informazioni che da mesi ci mitraglia. I giornali, la televisione e il web ci hanno ipnotizzati rifilandoci ogni giorno dati, cifre, livelli, percentuali della situazione virale internazionale. Aggiornandoci di ora in ora, per sensibilizzarci e prepararci all’evoluzione, alla fine ci hanno assuefatto e dall’iniziale confusione siamo passati al timore, per sprofondare nell’abitudine.

Ma, ripeto, c’è qualcosa di stonato in tutto questo. Mentre la maggior parte di chi si ammala, di chi viene ricoverato, curato e, possibilmente, guarito, resta nell’anonimo mucchio di numeri, qualcun altro emerge in primo piano dal dramma personale con il proprio nome, il proprio viso, la propria storia. Sono personaggi noti, attori, cantanti, sportivi, politici, che l’aggressione del virus trasforma prima in martiri, poi, una volta guariti, in eroi. 

Non tutti, s’intende. Alcuni di loro si affacciano ai media con modestia, come qualsiasi altro colpito e non affondato, per dare un contributo costruttivo all’informazione e, magari, anche per gratificare gli infermieri e i medici che si sono presi cura di loro.

Tuttavia, troppi ancora sono i personaggi che sfruttano e cavalcano l’onda del virus semplicemente per tornare o restare alla ribalta. Lo trovo meschino, soprattutto se penso alle tante piccole storie che ho potuto ascoltare da persone vicine, prima malate e fortunatamente guarite. Per non parlare di quelle che hanno rischiato per mesi di perdere una persona cara, e di chi, invece, l’ha infine persa senza la possibilità di riabbracciarla per l’ultima volta.

Confidenze, sospiri e lacrime a stento trattenute trasmesse al telefono con un fil di voce, nell’impossibilità d’incontrarsi. Tutto il dramma di chi è rimasto sospeso nell’incertezza per giorni o settimane. Ho parole struggenti e bellissime nella mente, di fronte alle quali è stato così duro riuscire a trovarne altrettante per incoraggiare, sostenere e infondere speranza. Parole che meriterebbero di essere condivise. Ma il rispetto per la sofferenza sta anche nella difesa dell’intimità e va condiviso solo nel privato.

Queste piccole storie, che rientrano nell’anonimo mucchio di numeri, quello senza nomi e senza volti, resteranno sconosciute ai più. “Ho paura che non ti rivedrò più ..” Mi disse mesi fa una persona a me molto vicina, colpita dal virus. Oggi questa persona è qui, da vera eroina, più forte di prima!