Lo stupore nel cuore

L’ultimo giorno dell’anno non mi è mai piaciuto. Allergica a cenoni inutilmente opulenti e a fragorosi countdown comandati, il mio desiderio più vero è sempre stato quello di lasciar sfumare il tempo in punta di piedi fino all’indomani, come se niente fosse, nella serenità di un giorno qualunque. Il che è tanto, anzi tantissimo. Perché significa che tutti i giorni, o quasi, dell’anno sono per me motivo di ben essere, di serenità appunto, e pertanto speciali.

In effetti, riguardando l’anno che se ne va con gli occhi dell’anima, d’istinto sorrido e un sentimento di profonda gioia m’inebria. Gioia e gratitudine, perché lo vedo come un grande Sole, un dono cosmico elargito da chissà quale mano benevola. Un Sole amico, che scalda e abbraccia, che infonde energia e potenza, che accompagna e sostiene. 

Dalle albe mediterranee ai tramonti tropicali, fino ai quotidiani riverberi lacustri, il fil rouge (letteralmente) del mio 2019 è stato lui, il Sole, in un susseguirsi di scenari e di panorami memorabili, mai uguali l’uno all’altro. Persino oggi, in queste sue ultime ore di vita, l’anno ha regalato alla “mia” bella città il suo ultimo tramonto: una crema d’albicocca calata adagio sulle cime zuccherine delle montagne. Cosa volere di più?

Facile! Che a quest’ultimo giorno dell’anno ne seguano altri, altrettanto carichi di calore e densi di colori, da gustare a cucchiaiate perché di vita non si può essere mai sazi. Ma soprattutto vorrei poter stupirmi ancora di fronte a tutto come fosse sempre la prima volta. Che sia di fronte a un’alba, a un tramonto o a un quotidiano riverbero lacustre, vorrei che nessuna piccola e grande bellezza del mondo cui appartengo passi ai miei occhi inosservata. O, peggio, sia data per scontata.

Solo così, forse, con lo stupore nel cuore, si può sopravvivere al Tempo che passa. E trasformare ogni nostalgico ricordo in una sincera promessa.