Il grande reset, fuori e dentro di me

“Accadeva un anno fa oggi”. Spesso gli spazi social che utilizziamo ci ricordano momenti trascorsi negli anni passati, momenti per lo più piacevoli visto che, evidentemente, li avevamo condivisi pubblicamente. Fotografie di paesaggi fiabeschi e amici d’avventura, di orizzonti infiniti e tramonti irripetibili, di albe lacustri e conquiste di vette.

Ma riguardando le immagini dei due anni passati, mi accorgo che in quelle fotografie c’è molto più di una serie di momenti indimenticabili. C’è un modo di vivere e soprattutto di pensare profondamente diverso da quello che è oggi.

Se il 2019 è stato per me l’apoteosi della libertà, prima con il viaggio in Thailandia, poi con le ripetute e paradisiache fughe in Costa Azzurra che hanno reso quell’anno un vero e proprio romanzo, il 2020 è stato l’apoteosi del vuoto, del silenzio, della paralisi. Esattamente il sabato 7 marzo dello scorso anno rappresenta una data storica che forse tanti hanno dimenticato. Io no, perché quel giorno si è stabilito di chiudere di fatto le frontiere tra Italia e Svizzera per evitare la diffusione di un male la cui conoscenza, allora, era inversamente proporzionale alla paura che incuteva.

Reset, anzi il Grande Reset, come il Forum economico mondiale ha poi annunciato cercando di ampliare la visione e l’interpretazione della crisi pandemica. 

Da quel sabato il mondo ha proceduto verso un’unica direzione, come nel gioco del domino dove ogni mossa dipende da quelle precedenti e condiziona le successive, avanzando verso un ineluttabile destino che coinvolge tutti i giocatori. Nuove regole e limiti hanno plasmato via via i nostri comportamenti individuali, sociali ma anche, e soprattutto, mentali. Persino il nostro vocabolario è cambiato, perché mai prima di quel momento storico s’era tanto parlato di virus, mascherine, contagi e – ora – di vaccini. 

Il resto è storia recente. Eccoci traghettati tutti in un 2021 che ha stentato a distinguersi dall’anno precedente, conservando sulla pelle profonde cicatrici, ma che, a maggior ragione, fa apparire gli anni pre-Covid straordinariamente vivi, colorati, profumati, traboccanti di energia, di spensieratezza, di libertà. Persino di ingenuità.

Tutto questo mi appare così lontano e forse irripetibile, nonostante formule e vaccini. Quando potrò tornare a viaggiare senza briglie, sarà senz’altro con occhi diversi, occhi avidi di ritrovare nei luoghi a me cari tracce di momenti scolpiti nei ricordi. Il condizionamento, evidentemente, ha agito sfondando anche le più ostinate barriere di sfida alle regole imposte, perché è – e continua ad essere – subdolo, martellante, capillare. 

Il grande reset è avvenuto anche dentro di noi, solo che (forse) non tutti ci pensano o vogliono pensarci. Meglio conformarsi.

Per la cronaca: un anno fa, oggi, ero in una Val Verzasca idilliaca, popolata solo da capre e mucche. E riguardando quelle foto, un pensiero s’incapriccia … si stava meglio quando si stava peggio.