Artefici del nostro piccolo Mondo

Ricordi, pensieri, emozioni. Scorrendo le fotografie scattate lo scorso anno, da febbraio in poi, un sospiro si leva spontaneo, accompagnato da un nostalgico sorriso che avverto dipingere il mio viso.

Perché? Perché lo scorso anno, quel fatidico 2020, aveva cominciato a trasfigurare profondamente le nostre esistenze, senza lasciarci il tempo necessario per essere del tutto consapevoli del cambiamento epocale in atto. Eravamo tutti calati nella nebbia, sospesi nel nulla, impregnati da uno stato d’animo d’impotenza e insieme di attesa. Eppure, eravamo davvero “tutti”. Intendo dire che ci sentivamo uniti: insieme sotto lo stesso comune denominatore, un misterioso virus, la cui ignota natura accentuava l’importanza del sentimento comune, dello stringersi e consolarsi reciprocamente, “vicini anche se necessariamente lontani”.

Ecco perché, riguardando le foto dello scorso anno, di una passeggiata in montagna o di un tuffo nel lago, affiora in me la nostalgia di com’eravamo, intenti a vivere quei giorni così pieni di silenzi ma anche di colori. Eravamo, nonostante tutto, reciprocamente tolleranti, prudenti ma benevoli. 

Oggi, dopo il grande reset, siamo tutti cambiati. Non ci sentiamo più uniti, o meglio, il senso di collettività non scaturisce più dall’anima di ognuno di noi, bensì è imposto da un ordine superiore che ha piano piano sostituito il valore individuale.

La tolleranza si è trasformata in intransigenza, la prudenza in diffidenza, il mondo è diventato tristemente bicolore e tra i due toni il dialogo è risucchiato in un innaturale abisso, sempre più profondo, dentro il quale pare di precipitare inesorabilmente.

Brutto, un mondo brutto al quale fatico ad adattarmi ma che, tuttavia, mi sforzo di comprendere, se non altro per continuare ad alimentare quelle relazioni umane per me vitali che non meritano di essere avvelenate da rovinose polemiche tra sordi.

Una foto per tutte, scattata il 13 settembre 2020, sintetizza pienamente queste mie capriole di parole. L’orizzonte, il mare, l’odore di salsedine, il vento tra i capelli, il sole sulla pelle, il sorriso sulle labbra, seppur necessariamente nascoste. Era l’immagine della libertà, della voglia di vivere, della fame di bellezza, di un’energia più forte della paura.

Era ancora un mondo bello, in cui si parlava, non si urlava. Un mondo di cui ci sentivamo, nel nostro piccolo, artefici. Ora mi domando se dietro quell’orizzonte blu ce ne sia davvero un altro, come spesso mi sono divertita a scrivere, alludendo a un progressivo divenire.

Ma soprattutto, mi domando se in quell’ipotetico futuro scenario torneremo ad essere gli artefici del nostro piccolo Mondo, padroni di esprimere i nostri pensieri e ricordare le nostre emozioni.