Non tutto è scritto nel DNA

Immaginate un piccolo villaggio. Una ventina di abitazioni, una piazza, un supermarket, un ristorante, un bar, un parrucchiere, persino un teatro. Tutto ciò che serve per vivere una quotidianità serena, in un ambiente raccolto, stimolante e sicuro. Ciò che contraddistingue questo villaggio è il fatto che i residenti non possono uscire liberamente, se non accompagnati da un parente. Sì, perché il villaggio di Hogeweyk, in Olanda, è detto il “villaggio della demenza”, in quanto è dedicato esclusivamente a chi soffre di questa malattia. Anche se apparentemente risulta come un qualsiasi quartiere residenziale, è in realtà una casa per anziani “diffusa”, in cui vengono curate varie forme di demenza, tra cui l’Alzheimer.

Simili malattie colpiscono le funzioni sensoriali, percettive, motorie e mnemoniche; pertanto, gli spazi di questo villaggio sono studiati in modo da facilitare i comportamenti dei malati. Qualche esempio: i mobili, come i guardaroba o gli scaffali della cucina, sono aperti o rivestiti in vetro, in modo da poter guardare all’interno senza dover sforzare la memoria per ricordare dove sono riposti gli oggetti. Le porte sono colorate in modi diversi, per facilitarne il riconoscimento e l’illuminazione degli spazi è tale da non provocare contrasti di luce e ombra, che potrebbero ingannare la vista.

Perché tutto ciò? L’assunto di partenza è questo: l’essere vivente non è solo il frutto del suo DNA, perché molto di ciò che siamo è scritto nell’ambiente in cui viviamo. Nel cibo, nell’aria, nelle relazioni che intrecciamo nel corso della nostra vita, a partire da quella primaria con la propria madre. In poche parole, l’ambiente sociale può influenzare la biologia del nostro corpo.

Ripercorrendo importanti fasi storiche del pensiero scientifico fino a giungere alla nascita dell’epigenetica, Gianvito Martino e Jacopo Lo Grasso, hanno raccolto nel libro “Non tutto è scritto nel DNA. La scienza oltre la genetica” una serie di riflessioni, abbracciando diverse discipline strettamente e necessariamente interconnesse. Lo scopo è dimostrare che c’è molto oltre la genetica e la medicina moderna ha incominciato a riconoscerlo, adottando la prospettiva emergentista ed epigenetica maturata in anni di studi, ricerche e confutazioni. L’epigenetica, nata a metà del Novecento, spiega come i geni – ossia alcune sequenze chimiche contenute nel DNA – possano attivarsi o disattivarsi in funzione di certi stimoli esterni.

Il panorama scientifico e filosofico contenuto in questo libro è immenso, da capogiro. Ci si sente presi per mano, per incontrare i grandi studiosi che, ognuno nel proprio campo ma uniti dall’interdisciplinarietà del sapere, hanno contribuito a costruire l’architettura della filosofia della scienza moderna. Il dialogo serrato tra discipline diverse ha reso possibile il superamento del paradigma riduzionista in virtù di un approccio olistico, che vede corpo, mente e psiche legati da reciproche forze, ascendenti e discendenti, in grado di influenzare lo sviluppo dell’individuo.

Per capirlo meglio, torniamo al villaggio della demenza. Si è detto che l’ambiente influenza il nostro essere biologico: con l’esperimento di Hogeweyk si è dimostrato, infatti, che l’attenzione all’ambiente clinico ha un ruolo fondamentale anche nel combattere la malattia. Il minuzioso controllo del contesto abitativo dei pazienti non solo migliora la qualità della vita ma produce un progresso anche delle funzioni mentali, richiedendo così un minor dosaggio di farmaci rispetto a quanto accade nelle tradizionali case di cura. Questo metodo si spera possa essere d’esempio per gestire altre malattie, considerando “cura” anche il contesto in cui i pazienti si trovano.  

Scusandomi con gli autori per l’estrema sintesi con cui riassumo un libro tanto ricco e complesso, invito alla sua lettura per imparare qualcosa di più sul modo di procedere della scienza e, soprattutto, su noi stessi. 

Non tutto è scritto nel DNA. La scienza oltre la genetica. Gianvito Martino e Jacopo Lo Grasso(Mondadori, 2024)