“Libertà.” È una parola che suona come musica nell’aria. Armoniosa, bilanciata, né troppo lunga né troppo breve. Sta in un sorso, in un soffio, in un bacio. Non la si può stringere in una mano perché quell’accento sul finale le imprime lo stesso irrinunciabile slancio che assume un uccello per staccarsi da terra e prendere il volo.
“Libertà.” È una parola che, paradossalmente, ha le sue radici. Radici che la riconducono al latino “liber”, ossia “uomo legalmente libero” opposto allo schiavo. Tuttavia quel “lib” iniziale sta lì a ricordare che, oltre ad indicare una condizione contingente e relazionale, la parola libertà possiede anche una profonda connotazione emotiva. “Lib”, infatti, appartiene anche a libidine e a libare, cioè a termini legati ai sensi, all’universo del piacere intimo e del godimento materiale. Archetipi della natura umana e animale.
Cosa c’è di più piacevole, infatti, del godere nel sentirsi liberi di agire secondo la propria autodeterminazione, senza che altri dettino per noi regole e ritmi che forzino il naturale scorrere del nostro desiderare. Liberi di volere, liberi di non volere. Liberi di volare anche senza ali e di sentire splendere il sole anche quando fuori imperversa la tempesta.
Più che una condizione esteriore, la libertà è uno stato d’animo, una presa di coscienza, una consapevole estraniazione dagli altri che ci riempie e racchiude dentro un’ideale bolla di benessere sospesa nell’aria. È un sentimento diffuso non necessariamente euforico ma piuttosto di pacata soddisfazione da gustare lentamente, come sorseggiare un vino da meditazione decantando in sacra solitudine effluvi ed emozioni.
Libertà è, allora, il piacere di stare bene con se stessi. Una costante e prolungata coccola autoerotica che ci si dona con la consapevolezza d’aver raggiunto, forse, lo scopo più importante dell’esistenza. Perché la libertà è, sopra a tutto, un’intima conquista.
Mi sento gemellato… Uauh, in libertà anche d’età!