La voce del silenzio

A volte non ci accorgiamo del frastuono che ci circonda. Imbevuti in una gabbia acustica che ogni giorno ci addomestica, rendendoci spesso sordi alla poesia del quieto vivere, assorbiamo voci, suoni e rumori con la rassegnata passività di una spugna gettata nell’acqua.

Finché, magari per caso o magari perché presi per mano da un misterioso richiamo, non sgusciamo fuori da questa gabbia, e ci inoltriamo oltre la soglia della frenesia per naufragare dolcemente in un parco, vagabondando lenti sotto le folte chiome di piante amiche. Così, passo dopo passo, ci ritroviamo vicino allo scorrere allegro di un fiume che scivola svelto verso il suo destino lacustre. Lo seguiamo con lo sguardo, mentre le anatre giocano a farsi trasportare dalla corrente roteando nei mulinelli come trottole piumate.

E allora lì, immersi nel fresco verde dell’oasi che ci accoglie, il frastuono quotidiano si spegne e si può ascoltare la voce del nostro silenzio. L’immensa bellezza di un silenzio fatto di arzilli cinguettii, di fronde spettinate dal vento e di quel mormorare liquido che obbedisce al suo corso riecheggiando di vita.

É rigenerante. Rianima questo sorso di ovattata quiete lontano dalla gente e infonde un senso di profondo valore alla semplicità di trovarsi in un’intima, muta comunione con se stessi.

E quasi per tacita complicità, stranamente, anche il cellulare tace, in un’improbabile e solidale alleanza con il nostro stato di necessario isolamento dal resto del mondo. Grazie, vien da pensare. Anche il filo invisibile che ci allaccia in ogni istante a dimensioni lontane cede al desiderio, e al bisogno, di questa parentesi silente. 

Pace, finalmente, dove tutto tace. E anche se la gabbia acustica è là che aspetta il nostro inesorabile rientro, sappiamo che anche domani, per caso o perché presi per mano da un invisibile richiamo, sgusceremo di nuovo fuori, oltre la soglia della frenesia. Per ascoltare di nuovo, finalmente, la voce del nostro amato silenzio.