Fianchi di miele e capriole nel buio

Questa luna è imbarazzante, mette soggezione tanto è bella.
L’infinitamente grande sovrasta l’infinitamente piccolo in un gioco architettonico che sa di divino e questa perfezione rende inadeguata ogni forma espressiva che voglia raccontarla.
Nessun aggettivo può rendere giustizia ai fianchi di miele di questa matrona celeste, nessun ricamo poetico potrebbe raffigurarla meglio di come la Natura l’ha partorita dal suo perturbante ventre notturno.
Che privilegio stare qui sotto con gli occhi spalancati sull’universo che mi guarda. Mi guarda e mi chiama verso quella sfera più dorata che mai. Sfera magica che ipnotizza, che cattura, che induce a prendere la rincorsa e nuotare fin lassù per tuffarmi a capofitto negli abissi del suo occhio glaciale. Un occhio splendente sospeso su un universo capovolto che invita lo sguardo rapito a fare capriole nel buio e catapultarsi in alto, sempre più in alto, vertiginosamente. Per cercare, per scoprire, per capire.
Voglio nuotare all’insù lieve come un ectoplasma, per ritrovarmi improvvisamente risucchiata nella Notte stellata di Van Gogh, sedotta dal disegno mistico di un ignoto architetto, completamente imbevuta nel colore pastoso dell’inquietudine e del mistero.
Lei, la luna, illumina noi, nomadi terrestri orfani di luce. Non solo fuori, attraverso la sua femminea aura mielata che scivola sulla pelle. Ma anche dentro, attraverso il denso mantello d’inchiostro che avvolge tutti, sprofondandoci nel nulla più assoluto.
Ti guardo sopraffatta, luna, e mi chiedo se saresti altrettanto bella senza il tuo eterno velo nero. E ancora, nonostante la mia inadeguatezza, mi domando cosa sarebbe l’infinitamente grande universo senza il suo infinitamente piccolo, confuso, imperfetto Essere umano.
Un Essere umano povero di aggettivi, forse, ma ricco di emozioni. Capace ancora di meravigliarsi, di commuoversi e di inchinarsi al cospetto della tua imbarazzante bellezza, scolpita nel buio che ci avvolge, ci unisce e ci separa.