Tra il riso e il pianto

L’autunno entra in scena vestito di festa. Con puntuale disinvoltura stende un velo di malinconia sul lago non ancora sazio di sole.

Il sipario si chiude definitivamente sui lidi che fino a ieri respiravano aria di spensieratezza. Echi di musica, di danze, di cene sotto le stelle, di fuochi d’artificio che hanno sfidato gli agguati dei temporali, colorando le notti d’agosto di stelle filanti.

Le zattere galleggianti di fronte alle rive rimandano la memoria delle sagome di noi, lucertole umane a caccia di calore, lì distese in un pigro abbandono cullato dalle onde lacustri, sollevate di tanto in tanto dalle barche di passaggio. 

Le boe attorno brillano ancora di un giallo pieno che richiama il sole ma solo i gabbiani, ormai, ne approfittano per riposarci sopra, bianche piume che galleggiano al vento. Il loro canto, a metà tra il riso e il pianto, sembra interpretare esattamente questo ambivalente stato d’animo stagionale: l’effervescenza estiva e la malinconia autunnale che si compenetrano in un ideale bacio tra le regina del Sole e il re della Vendemmia. 

Presto sopraggiungerà un romantico foliage a impreziosire questo affresco umorale. Le colline ambrate e i boschi rosseggianti faranno da cornice al lago sempre più silente e i lidi, ormai del tutto vuoti di colore, s’arrenderanno all’inesorabile letargo. 

Intanto una campana si fa sentire in lontananza, rincorsa da altre in un insistente dialogo sonoro. È domenica, una domenica che saluta l’autunno vestito di festa. I gabbiani, con agile slancio, volano via. Abbandonano le boe gialle dei lidi e sfumano tra le nuvole, inghiottiti dal velo di malinconia disteso sul lago non ancora sazio di sole. 

Nell’aria, resta solo il loro canto. A metà tra il riso e il pianto.