Che cos’è un ricordo? È una traccia, un’impronta della nostra esistenza. Un tassello del grande puzzle che è la nostra identità.
Se il significato emotivo, affettivo e psicologico della memoria è evidente a chiunque, i meccanismi neuronali che ne sottendono all’architettura sono oggetto di studio di scienziati, i quali, spesso, li spiegano in maniera fredda e asettica a noi profani. Cervello, sinapsi, sintesi proteica, neurotrasmettitori, engramma, metilazione e così via … un vocabolario in cui non tutti amano avventurarsi e che preferiscono …dimenticare.
Andrea Levi, neurobiologo e scrittore, nel suo libro “Genetica dei ricordi. Come la vita diventa memoria” affronta il tema come fosse un viaggio, parte addirittura da Itaca con Odisseo, e ci introduce piano piano nei sentieri tortuosi e affascinanti della nostra mente. Scienza e poetica si mescolano e la lettura scorre come un ruscello in primavera.
Ad esempio, per raccontarci come nascono i ricordi, Andrea Levi prende spunto dalla lingua giapponese, che è strabiliante per la sua capacità di descrivere l’indescrivibile. L’esempio è la parola komorebi, composta da tre vocaboli: ki (albero), more (dal verbo moreu, ovvero cadere gocciolando) e hi (sole, luce). Komorebi rimanda alla luce che, filtrata dalle foglie degli alberi, arriva a noi gocciolando, simile a pioggia luminosa. Una parola meravigliosa in grado di esprimere due aspetti essenziali: la molteplicità sensoriale che proviamo quando siamo inondati di luce e il movimento vettoriale che conduce dalla pura materia, il sole, alla pura percezione, l’immersione nella luce. Un fenomeno visivo che pare ricoprirci con la sua liquidità, senza tuttavia toccarci realmente.
Ecco, komorebi somiglia alla memoria. Il ricordo di un fatto lontano riaffiora tangibile nel presente, pur nella sua immaterialità, abbraccia e sfugge, si fissa e si trasforma, come gocce di luce.
Da Gurdulù di Calvino all’Orlando furioso di Ariosto, dalle onde al vento, dalla luna al fuoco questo libro fa apparire la nostra mente come un arcipelago di favole e poesie, dentro al quale sarebbe davvero un peccato rinunciare di inoltrarsi. In fondo, perché avere paura di guardarsi da dentro. Rassicurati, oltretutto, dal fatto che non solo la memoria è la nostra vita, ma anche la dimenticanza lo è. Perché a volte, è necessario abbandonare ricordi del passato per lasciare spazio a quelli futuri.
Odisseo, al ritorno dal suo lungo viaggio, deve aver abbracciato la sua amata e, sdraiatosi accanto a lei, le avrà raccontato tutto. Perché sta qui la conclusione del viaggio: nel raccontarlo a qualcun altro. E narrando alla moglie, Odisseo ricorda, e ricordando trasforma, e trasformando rivive quel che ha vissuto. La meta si sposta, il viaggio prosegue e la solitudine dell’eroe sparisce, perché ora nella sua nave c’è anche Penelope.
Genetica dei ricordi di Andrea Levi. Il Saggiatore, 2023
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