
Ho centosettantamila anni e mi ergo solenne per settemilacinquecento metri, affondando le mie radici nell’immensa profondità della piattaforma oceanica. Si dice che sono talmente alto che difficilmente si può scorgere la mia testa, avvolta spesso in un turbante di nuvole e imbiancata dalla neve. La notte tocco le stelle. Per questo mi chiamano la Colonna del cielo!
In realtà, nel mio cuore pulsa il fuoco, un fuoco che scorre nelle mie vene da quando sono nato e che sfida il sole bruciante dell’isola di Tenerife. Fiero e meritatamente presuntuoso, non mi considero parte dell’isola: io sono l’isola. Tutto dipende da me, sono io che detto le regole. I capricci del clima sgorgano dalla mia esuberanza ma anche dalla mia pazienza.
Basta guardarmi. Concedo alla natura di sbizzarrirsi tra le mie braccia tentacolari, mi ergo e sprofondo a piacimento, in un susseguirsi di depressioni lunari che s’inerpicano svelte in picchi montani, passando dall’ocra della sabbia, agli arcobaleni verde azzurri e gialli dei miei fluidi vulcanici, fino al verde brillante delle piante. Dalla mia sommità, l’estremo cono biancastro che ogni cosa sovrasta, posso ammirare tutta quest’immensa vastità che, in primavera, si accende di luci e colori ancora più sfavillanti.
E chi lo direbbe che un gigante di lava possa accogliere candide ginestre, cardi argentati, jerbas pajoneras colore del sole e le mie preferite, le viperine del Teide, con quel rosso porpora che ricorda il mio antico fuoco. Persino piccoli uccelli svolazzano mimetizzandosi tra i miei ciottoli, cibandosi di cosa poi, non si sa.
Sono tanti quelli che vengono a farmi visita, da tutto il mondo. Per lo più turisti superficialmente curiosi, più interessati a fotografarsi con me sullo sfondo, piuttosto che a conoscermi veramente. Ma cosa vorrebbe dire conoscermi veramente? Vuol dire ascoltarmi, accogliendo l’energia che silenziosamente emano; basta toccare le mie rocce lucenti, entrare in contatto con la mia anima, fatta di tutto ciò che non si vede. Chi lo direbbe, per esempio, che la grandiosa caldera de las Canadas, ora parco naturale, conserva ancora memoria di ciò che era un tempo, ovvero una via della transumanza, una via della vita nel bel mezzo dell’inferno terrestre.
Eppure, nonostante l’inebriante bellezza che i miei colori primaverili emanano, resto una creatura inquietante, da avvicinare con rispetto. Non per niente attorno a me sono state ricamate leggende legate al male. Secondo i Guanchi, gli aborigeni canari, il demone del male Guayota abitava al mio interno e un giorno rapì Magec, dio della luce e del sole, portandolo con sé nelle mie viscere. I Guanchi chiesero aiuto ad Achaman, il loro dio supremo, che riuscì a sconfiggere Guayota, a liberare Magec e a tappare i miei crateri. Ecco perché culmino in un cono bianco, perché sarebbe il tappo collocato da Achaman sulla mia testa.
Io non credo alle leggende ma alla realtà. Due anni fa qualcuno – non un dio del male ma un essere umano maligno – ha appiccato un incendio sulle mie pendici. Il rogo era tale che gli abitanti di Tenerife potevano vederne gli abbagli da lontano, fin dalle coste, indovinando il mio dolore. Ho visto bruciare ettari di terra, un’infinità di alberi che s’arrendevano all’inclemenza del fuoco senza che un dio del bene potesse salvarli. Oggi molti di questi alberi dimostrano quanta forza si cela nel mio grembo, perché tanti, tantissimi sono risorti dopo l’incendio e, piano piano, quei cadaveri di cenere hanno rimesso gemme verdi sempre più rigogliose alla ricerca del sole di cui abbeverarsi.
Questo sono io, energia, forza, vita. E sfido qualunque umano a ferire un’altra volta la Colonna del cielo.
El Teide è la terza struttura vulcanica più estesa al mondo. Nel 2007 l’UNESCO lo dichiara Patrimonio Mondiale dell’Umanità.


Stupefacente!
Tu lo conosci bene !!