Corso di Formazione alla Cittadinanza

Tornare sui banchi di scuola a cinquant’anni … e più! Sembra facile, a dirsi, ma si sa il cervello con il tempo si rinforza delle informazioni già immagazzinate, selezionando tra quelle importanti e quelle invece di cui poter fare a meno per lasciar spazio a nuovi input.

Un’esperienza che il mio cervello ha appena vissuto. Ho da poco frequentato il Corso di Formazione alla Cittadinanza, step indispensabile per proseguire l’iter che mi consentirà (spero) di ottenere la naturalizzazione svizzera. Dieci lezioni di tre ore e mezza l’una, per un mese, con frequenza obbligatoria all’80% due o tre volte la settimana. 

Confesso che, prima di cominciare il corso, lo percepivo come un peso, un obbligo sproporzionato che, oltretutto, fino al 2018 non era contemplato. Perciò perché obbligarci a farlo con tanto dispendio di tempo e di sforzi mnemonici? Sarebbe stato sufficiente – dicevo a me stessa – studiare sulla piattaforma Moodle IFC, strutturata in maniera perfetta e completa, con tutti i manuali delle quattro discipline di studio: storia, geografia, civica, contesto regionale. Schemi, approfondimenti, video, esercizi, tutto a disposizione on line per la preparazione all’esame. Persino i manuali in formato audio.

Poi, però, frequentando il corso, ho capito. Un conto è studiare su manuali che, per quanto completi, forniscono informazioni astratte da memorizzare per un fine e da dimenticare una volta superato il traguardo ambito. Un altro, invece, è trovarsi in aula, seduti a un banco come ai tempi della lontana gioventù, e ascoltare un docente che non solo insegna ma coinvolge e anima centinaia di pagine altrimenti morte. Gli insegnanti che ho avuto la fortuna di avere hanno saputo portarmi dentro al sistema politico svizzero, districando ogni possibile confusione tra i vari Consigli; mi hanno finalmente fatto capire perché e come funzionano i tre pilastri previdenziali; hanno riportato al presente le battaglie e le alleanze storiche che hanno costruito il federalismo; e ancora, mi hanno accompagnata qua e là tra i Cantoni, le montagne, i fiumi e le città svizzere, anche in quelle che purtroppo non ho ancora visitato. Tutto questo e molto, molto altro!

Ecco, loro – i docenti – hanno rappresentato il materiale fondamentale per la preparazione a un esame che, ora, non sarà solo un passo obbligato vissuto con sopportazione. Tutto quello che ho studiato, grazie a loro fa parte di me in maniera viva e sono loro grata per avermi reso più consapevole del Paese in cui ho scelto di vivere.

Grazie, dunque, a Omar, Norman, alla super Emanuela, al grande Alessandro e a Boris che ci ha accompagnato alla chiusura del corso, con tanto di foto di gruppo, proprio come si fa al liceo a fine anno scolastico.

Sì, perché anche la classe è stata importante: diciannove studenti, dai vent’anni ai … non so ma tanti anni di più. Diversi per provenienza, storie e professioni, ma evidentemente simili per lo scopo che ci ha accomunato durante questo mese. Ognuno di noi ha portato un pezzettino della sua esistenza dentro quell’aula e l’ha condivisa con sconosciuti che, alla fine, erano un po’ meno sconosciuti e, probabilmente, ne è nata anche qualche amicizia.

È stato bello e, comunque sia l’esito dell’esame, ne è valsa la pena. Tornare sui banchi di scuola a cinquant’anni e più … una bella sfida, davvero, ma anche un piacere e un divertimento che non dimenticherò.