C’è chi i libri li scrive e chi, prima di scriverli, li vive.
E’ il caso di Alex Zanottelli – missionario comboniano e teologo, nato nel 1938 in Val di Non – che con il suo libro “I poveri non ci lasceranno dormire” (Monti Edizioni) dà voce a un’Africa scomoda e indigesta alle nostre affaccendate coscienze. Un’Africa spesso abbandonata a se stessa ma non sempre e non da tutti, come le pagine di questo diario di vita vissuta raccontano.
“E’ incredibile vedere gli incontri che facciamo nella nostra vita, scoprire quanto sono importanti, capire che di sicuro c’è qualcuno che tira i fili, anche se non comprendiamo mai il come e il quando.” Così scrive quest’uomo di fede e d’azione che oggi vive a Napoli, nel Rione Sanità, perché anche lì c’è bisogno di lui. Il suo darsi ai poveri comincia lontano, in Sudan, e ha proseguito incessante mescolando all’opera umanitaria quella d’informazione, attraverso la rivista Nigrizia, un mensile sociopolitico dedicato all’Africa. Nel ’90, Padre Alex (viene spontaneo chiamarlo per nome dopo aver letto le sue parole) si trasferisce a Korogocho, una delle baraccopoli più reiette ed emarginate del Kenya, costruita attorno a una discarica a cielo aperto. E’ a questo mucchio di baracche e alla sua gente dimenticata dal mondo che sono ispirate le pagine di questo libro.
Il primo immenso problema dei centomila abitanti di Korogocho – spiega Padre Alex – è la terra, gestita dalle contraddizioni del governo centrale. Pochissimi sono proprietari della propria baracca, che si risolve in un minuscolo tugurio il cui solo lusso è rappresentato, talvolta, dalla turca. Fame, sete e aids sono le altre falci quotidiane. Il cinquanta per cento degli abitanti è sieropositivo e, mentre il governo kenyota chiude gli occhi sul dramma del virus, Padre Alex ogni giorno vede chiudersi per sempre gli occhi di giovani uomini e donne divorati da dolori e sofferenze atroci.
Eppure, è proprio qui che avvengono i miracoli. Nel girone delle fogne, dove i bambini abbandonati a se stessi arrancano smarriti tra prostituzione e violenze incomprensibili, logorati da fame e sete, avviene paradossalmente l’incontro con la vita. Qui s’impara a vivere con dignità, costruendo la speranza del futuro sui rifiuti dei ricchi. Non solo grazie alla carità e alla compassione ma anche alla forza di volontà e al coraggio di persone come Padre Alex. Negli occhi di questi poveri splende una luce che arricchisce, contagia e plasma. Ma ci si deve mescolare a loro per capire, ci si deve sporcare per sentirsi puliti, proprio come ha fatto lui. I poveri rivelano la verità, perché i più lontani dal centro del potere, sono i più vicini al cuore. E’ facile spezzare ostie ma è duro lasciarsi mangiare dalla gente. Talvolta ho la febbre alta ma non posso fare altro che alzarmi e ascoltare. Questo per me significa lasciarmi mangiare. Per la prima volta comincio a sentire che mi sto convertendo, perché i poveri mi convertono!
Se è vero che la vita è fatta d’incontri, anche grazie a un libro come questo si può incontrare una persona e, attraverso di essa, un’altra faccia dell’umanità. Lasciamoci contagiare, dunque, dal messaggio di Padre Alex: il grido dei poveri è immane e sale dall’intero globo, è impossibile non sentirlo, a meno che non si sia morti dentro.
Il peccato più grave della nostra società è di restar sordi, imprigionati nel sonno torbido dell’indifferenza. Ma i poveri non ci lasceranno dormire tanto facilmente. Il loro soffocato grido continuerà inesorabilmente a graffiare i nostri cuori fino a farli sanguinare, pugnalando il nostro egoismo con semplici parole, quelle di Gesù: se la tua vita la tieni per te, sei morto.
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