
“A un certo punto noi esseri umani ci siamo resi conto che la vita è una eterna festa alla quale partecipiamo da quando siamo venuti al mondo. Mentre godiamo del banchetto, notiamo che altri arrivano e altri se ne vanno. Alla fine è il nostro turno di andarcene, anche se la festa è ancora in pieno svolgimento. E abbiamo paura di uscire da soli nel buio e nel freddo della notte.”
Già dall’Introduzione, il libro di Venki Ramakrishnan – Nobel per la chimica nel 2009 – è stato per me un irresistibile richiamo all’immersione nelle sue quasi trecento pagine dedicate a un tema eternamente (!) attuale. Ovvero la morte ma, soprattutto, il modo e i tempi in cui ci si appropinqua, in un mondo sempre più longevo e meno prolifico.
Quando consiglio questo libro, molti sentendo il titolo storcono il naso: lo temono, non hanno voglia di confrontarsi con un tema verso il quale tanto nulla possiamo fare, se non prenderlo come un dato di fatto. Invece no, questo libro è un’esplorazione profonda dei complessi meccanismi biologici che conducono l’essere umano (ma anche gli animali, di cui abbondantemente si parla) verso la vecchiaia, e quindi verso il graduale deterioramento fisico e mentale. In questo viaggio attraverso il DNA, cellule, telomeri, mitocondri e proteine (fondamentali nell’invecchiamento delle cellule) si impara senza paura a guardare dentro sé stessi, infilandosi dentro la dimensione infinitamente piccola del nostro organismo per studiarne il funzionamento con la lente d’ingrandimento. E allora sì, una volta intuito come i nostri meccanismi biologici procedono verso la crescita e l’invecchiamento, possiamo fare davvero qualcosa per correggere la rotta. Certo, non possiamo fermare l’orologio biologico ma fare qualcosa per rallentarlo, questo sì. Anche perché l’orologio biologico non coincide con quello anagrafico: ci sono giovani già vecchi e vecchi ancora giovani! Ma di certo nessun immortale.
“La farfalla non conta i mesi ma i momenti, e ha tempo a sufficienza”, Ramakrishnan cita Tagore, indiano come lui. Questo dovrebbe valere anche per gli esseri umani, eppure gli studi più attuali sulla longevità mirano a offrire il miraggio di una vita sempre più lunga, auspicabilmente in buona salute. Ed ecco il trucco! Il trucco che cattura migliaia di persone, attirate dall’offerta di ogni miracoloso portento anti-aging in grado di farci diventare la prossima Jeanne Clement (morta nel 1997 all’età di 122 anni, che fino a 100 anni andava in bicicletta ma, ahinoi, morì cieca e sorda. Il bello è che lei non usava integratori!).
Restrizioni caloriche, digiuni più o meno intermittenti, overdose di antiossidanti, e perché no … assunzione di sangue giovane! Quante teorie che abbagliano e sbagliano vengono smantellate da semplici consigli, come fare regolarmente esercizio fisico, evitare lo stress e curare un buon sonno. In poche parole, diventare consapevoli delle nostre scelte quotidiane.
Alla concretezza di questo libro si unisce una scrittura leggera e spesso divertente, che svela l’uomo dietro lo scienziato. Bella è l’attenzione che Ramakrishnan dedica ai tanti suoi colleghi e colleghe, anche del passato, schizzandone aneddoti di vita tali da renderceli affini, umani come noi, con pregi e debolezze. Come a volerci avvicinare a tutti quei personaggi che hanno studiato e stanno studiando i nostri meccanismi biologici in vista di un futuro di “vecchi giovani.”
Il punto di domanda alla fine del titolo l’ho messo io. Perché moriamo non è una domanda per Ramakrishnan ma una constatazione, è la consapevolezza dell’ineluttabilità della morte.
Per la nostra umanità, la domanda risuonerà sempre e finché ci poniamo delle domande, di cui sappiamo solo in parte le risposte, sappiamo di essere vivi! In un certo senso è il cogito ergo sum di Cartesio: mi domando, quindi esisto.
Perché moriamo
La nuova scienza dell’invecchiamento e la ricerca dell’immortalità
Venki Ramakrishnan
Adelphi, 2025


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